Come rompere il muro del suono

Le nostre reazioni emotive ai suoni
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Meno di un secolo fa, molti credevano che il “muro del suono” fosse una barriera tangibile e che se un velivolo avesse viaggiato a una velocità superiore a quella del suono, questo vi si sarebbe letteralmente schiantato, distruggendosi.

Solo quando il pilota Chuck Yeager superò questa soglia nell’ottobre 1947 si riuscì a comprendere qualcosa di più su questo fenomeno, dovuto alla resistenza aerodinamica, e sul fragore che questo crea. Per coloro che non ne sono a conoscenza, Yeager e il suo aereo superarono l’impatto, e il pilota ha festeggiato i suoi 97 anni il 13 febbraio 2020!

Nella vita, solo in pochi avranno l’opportunità di pilotare un aereo, e ancor meno ad una tale velocità. Tuttavia, il muro del suono è qualcosa che molti di noi possono incontrare quotidianamente e, cosa ancor più sorprendente, può davvero essere un’entità fisica, con diverse implicazioni su più livelli.

Scoperte emozionali

Eppure, il suono, nonostante sembri dipendere dalla nostra funzione uditiva per “farsi sentire”, spesso trascende qualsiasi tipo di barriera. Ciò è dovuto, in parte, alle nostre reazioni emotive ai suoni. Si è notato, ad esempio, che pazienti in coma rispondono alle voci dei propri cari. Similmente, si è visto come persone affette da demenza e malattie simili, con impatto sulle funzioni cognitive, siano stimolate da suoni per loro familiari: una melodia dell’infanzia, la canzone su cui hanno ballato con la persona amata, o una canzone del loro cantante preferito.

Il suono non è necessariamente una cura per questo tipo di condizioni, ma spesso è motivo di progresso, un modo con cui chi ne è affetto riesce a dimostrare di riconoscere i suoi cari e, quindi, di essere ancora in connessione con loro. Persino quei suoni che, in un primo momento, possono apparire vuoti, potrebbero di fatto essere pregni di significato: il fischio di un bollitore, per esempio, non indurrebbe a pensare a qualcosa che possa pizzicare le corde del cuore e travolgere di emozioni, però potrebbe riportare a immagini quotidiane, abitudini e situazioni familiari, tutte dotate di un significato psicologico che va oltre il semplice fatto di bersi una tazza di tè.

Un mondo senza barriere

Ci sono altre situazioni in cui muri, di diverso genere, non rappresentano alcun ostacolo per il suono. Il rumore della festa del vicino che oltrepassa le pareti potrebbe esserne un esempio, sebbene meno positivo rispetto ad altri! Esistono anche delle barriere culturali attraverso cui il suono si fa prepotentemente spazio: pensiamo, ad esempio, agli incitamenti (e ai fischi) durante una partita di calcio. Nonostante la presenza di persone provenienti da qualsiasi sorta di cultura e background, tutti saranno in grado di intendere un suono come una forma di celebrazione o, al contrario, di disprezzo. Lo stesso potrebbe esser detto dell’internazionalità di cantanti e pop star, specialmente ora che i social media, Spotify e altre piattaforme hanno reso la musica comodamente accessibile a chiunque, a prescindere dal paese di origine.

I testi delle canzoni sono spesso complicati, e lo sono ancor di più per chi non parla quella stessa lingua. Eppure, canzoni struggenti, tormentoni da festa, melodie che catturano le vertiginose, inebrianti emozioni di un nuovo amore... Questi suoni rompono le barriere sia linguistiche sia uditive. Una persona che presenta problemi d’udito, o una persona che non conosce una specifica lingua, o addirittura entrambi, sarebbe in grado di percepire il sentimento dietro ciò che sta ascoltando.

Il linguaggio universale

Perché alcuni suoni “parlano” alla gente a prescindere dall’abilità di decifrare un linguaggio o, appunto, di sentire tutto distintamente?

Per quanto riguarda i difetti uditivi, sono le vibrazioni prodotte dalla musica a rimanere ampiamente accessibili; persone affette da seri problemi di sordità hanno dimostrato di apprezzare la musica e, di fatto, hanno anche portato avanti delle campagne per poter avere maggior accesso ai concerti. Anche in casa, comunque, i bassi e le amplificazioni emessi dalle casse possono evocare delle reazioni e infondere gioia. A questo proposito viene spesso citato Henry Wadsworth Longfellow: “La musica è il linguaggio universale del genere umano.” L’udito è uno dei cinque sensi, sì. Ma la musica, e quindi il suono, è una sensazione in sé e per sé.

Studi dimostrano che, per esempio, un estratto della durata minima di 14 secondi è sufficiente per offrire agli ascoltatori uno sguardo approfondito sul “significato” di una canzone, dando testimonianza del fatto che non solo “la musica è profondamente radicata nella natura umana, ma che alcune tipologie di canzone trascendono le barriere culturali.” È stato stabilito che, anche solo ascoltando uno stralcio di una canzone, gli utenti sono in grado di distinguere se si tratta di una ninna nanna, una musica da ballare o di canzoni d’amore. Quest’abilità di discernere un significato esiste nonostante le differenze di fondo: i 750 partecipanti a questo studio provenivano da 60 paesi e le canzoni sono state “selezionate tra circa 90 piccole comunità nel mondo, incluse popolazioni di cacciatori-raccoglitori, allevatori e agricoltori di sussistenza.”

Ascolto e significato

Detto ciò, per quanto sia vero che l'emozione è lo strumento in grado di sgretolare o penetrare il muro del suono, talvolta può essere proprio l'esperienza umana a innalzare una barriera. Come? Perché ciò che ascoltiamo e ciò che sentiamo in realtà sono due aspetti differenti, eppure strettamente collegati tra loro. A prescindere dalla funzione uditiva, le nostre sensazioni possono costituire una barriera tra ciò che si ascolta e come lo si ascolta, come lo processiamo. Ad esempio, il senso di noia, di disgusto o il pregiudizio possono imporre dei limiti che alterano l’impatto di ciò che viene detto. Allo stesso modo, sebbene emozioni come l'amore, l'accettazione e l'interesse (che implicano invito e apertura) possano sembrare sentimenti in grado di rimuovere blocchi, piuttosto che costruirne, a volte possono, tuttavia, creare una sorta di barriera, modificando la percezione e distorcendo l'essenza di ciò che si vuole effettivamente trasmettere. L'espressione “le persone sentono quello che vogliono sentire” fa riferimento proprio a tale fenomeno: vari sentimenti, siano essi positivi o negativi, possono far sì che un messaggio ascoltato risulti differente da quello in origine trasmesso.

La mente, e la velocità a cui questa agisce, potrebbe generare una sorta di “muro del suono”. Si stima che il cervello umano possa formulare ‘discorsi interiori’ a una velocità di circa 4.000 parole al minuto, ovvero 10 volte più velocemente rispetto a quanto non si faccia nel parlato. In questo modo, si crede che i pensieri di chi ascolta riescano spesso a procedere più rapidamente rispetto al messaggio del parlante, arrivando a formulare risposte, analizzarne il contenuto e presupporne i punti chiave e gli esiti prima del tempo. Tutta questa attività mentale darebbe luogo a una barriera sonora che preclude la comunicazione efficace.

Rompere le barriere

Ovviamente entrano in gioco anche dei fattori fisici, oltre all’aspetto emozionale. Pensiamo, ad esempio, a quanto sia difficile seguire una conversazione in un ambiente rumoroso o se il volume della tv o della radio è “alto”. Per le persone normoudenti, tali situazioni possono portare a un elevato livello di stress, ansia e perplessità. Per chi, invece, soffre di difetti uditivi, tali “barriere sonore” possono risultare ancora peggiori, impenetrabili, tanto da escludere qualsiasi cosa eccetto una minima parte di onde sonore significative.

Come superare il muro del suono in queste circostanze?

Come detto, convenzionalmente, sono le vibrazioni a “parlare” a coloro che non riescono a “sentire". Tuttavia, sfumature aggiuntive e sottili del linguaggio, come la sintassi e il tono, vengono inevitabilmente a mancare.

Le audioprotesi possono amplificare il suono, ma lo rendono meglio intelligibile? Per alcuni utenti, l’amplificazione provoca confusione e crepitio, che alla fine possono generare più stress e disagio del fatto di non riuscire a sentire del tutto. Immaginiamo la sensazione di guardare qualcosa attraverso una lente che ingrandisce ma non mette a fuoco. L’osservatore riesce a vedere, ma non vede ciò che sta osservando.

Quando le difficoltà uditive dipendono dal volume, questa tecnologia risulta essere la più adeguata. Eppure, nel 1957, solo 10 anni dopo che Chuck Yeager superò la barriera del suono, si ebbe la possibilità di rompere barriere sonore più materiali, con l’invenzione del primo impianto cocleare. Sin dal successo del primo impianto cocleare multicanale nel 1977, eseguito dal chirurgo prof. Kurt Burian presso il General Hospital di Vienna, l'invenzione di Ingeborg Hochmair-Desoyer e del suo team aiuta a ripristinare l'udito di persone con diversi tipi di perdita uditiva. Diversamente dalle audioprotesi, che amplificano i suoni, gli impianti cocleari stimolano direttamente il nervo acustico, bypassando del tutto la parte danneggiata dell’orecchio. In base ad alcuni studi, i portatori di impianto riescono a comprendere molto meglio intere frasi, non solo suoni e significati impliciti, ma vere e proprie scelte di parole e significati intenzionali, rispetto a quando dotati di un’audioprotesi. Per una persona audiolesa, il muro del suono può assumere diverse forme, emozionali, fisiche o una somma di queste. Ma la tecnologia che esiste per rompere quella barriera può essere tanto importante quanto quella immaginata da coloro che un tempo la visualizzavano come un muro solido in grado di alterare l'esistenza.

Article The History of Hearing Implants How MED-EL’s founders Ingeborg and Erwin Hochmair beat the odds
Report You’ve Got a Friend Why giving and receiving support helps us lead healthy and happy lives
Article Let the Music Play Music is a powerful tool in helping us access emotions and memories

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