Imparare ad ascoltare sin dal principio

L’importanza di intervenire con un impianto uditivo in età precoce
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Gli impianti cocleari possono aiutare i bambini non udenti a raggiungere risultati sorprendenti in termini di qualità di ascolto e parlato. Ma per ottenere ancora di più, è necessario intervenire con tempestività, prima che compiano il loro primo anno di vita.

Prime impressioni con un impianto cocleare

Si sente sferragliare e cigolare, fischiare e sibilare… La simulazione dei rumori che un impianto cocleare (IC) è in grado di produrre nella testa di una persona è davvero insopportabile per chi non è abituato. Tutto suona strano e forte, metallico e artificiale. Come un treno nella notte o un capannone pieno di macchinari in azione. E quando parlano le persone? Quel suono riuscirebbe a far impallidire persino Darth Vader.

Ma il cervello, questa macchina miracolosa, riesce a gestirlo. Passo dopo passo, apprende come captare le informazioni da una cacofonia di rumori, come filtrare i dialoghi, come distinguere singole voci e attribuirle ai proprietari. Impara persino ad apprezzare la musica. Ci vuole tantissima pratica e pazienza. Ma poi, all’improvviso, tra tutto quel clangore e lo sferragliamento, i fischi e i sibili, ecco che si fa strada tutto un mondo di ascolto.

Il cervello è strutturato in modo da sviluppare determinati processi, tra cui l’udito, entro i primi due anni di vita. Una volta superato quell’arco di tempo, tale capacità risulta compromessa.

Si inizia a sentire laddove non esisteva altro che silenzio. Senza dubbio, gli impianti hanno rivoluzionato il mondo per chi è affetto da sordità o problemi d’udito. Al giorno d’oggi, il parlato è ben comprensibile e, con un impianto, anche la musica viene percepita talmente bene da poter godere dei pezzi classici dalle sfumature più fini e delicate. I dispositivi sono in continuo miglioramento.

Il primo anno è fondamentale per lo sviluppo dell’udito

Ma uno è il fatto imprescindibile: è di cruciale importanza eseguire un impianto sui bambini nati sordi entro il primo anno di vita. “Solo così potranno sviluppare udito e linguaggio allo stesso livello dei coetanei normo-udenti”, spiega il professor Wolf-Dieter Baumgartner del Dipartimento di Otorinolaringoiatria della Medical University di Vienna, in Austria, e presso la Karolinska University di Stoccolma, in Svezia.

Il cervello cresce rapidamente nei primi mesi di vita. I neuroni, le cellule nervose che portano i messaggi al cervello, sono affamate di stimoli. Ciascun impulso esterno, qualsiasi cosa vista, ascoltata, toccata e gustata, incoraggia la generazione di nuove connessioni tra i nervi. Il cervello è strutturato in modo da sviluppare determinati processi, tra cui l’udito, entro i primi due anni di vita. Una volta superato quell’arco di tempo, tale capacità risulta compromessa. Il nervo acustico riceve le informazioni dalle cellule ciliate sensoriali presenti nell’orecchio interno. Se tali cellule risultano danneggiate, il nervo non è in grado di fare il suo lavoro. E senza stimolazione, l’area del cervello designata al senso dell’udito non si sviluppa.

Non è questo il caso qualora il nervo acustico venga stimolato in tempo, anche ricorrendo a impulsi elettrici grazie a un dispositivo tecnico. “Un tempo pensavo che i bambini nati sordi non avrebbero mai potuto sviluppare le stesse capacità linguistiche dei normo-udenti”, afferma il professor Baumgartner. “Invece, i neonati a cui è stato applicato un impianto entro i sei mesi riescono a farlo con successo”. Il dottore è entusiasta delle innovazioni che la tecnologia degli impianti cocleari è riuscita a ottenere finora, soprattutto negli ultimi 20 anni. Ancora nel 2001, il professor Baumgartner veniva trattato con un certo scetticismo quando, durante una conferenza a Los Angeles, esponeva i grandi progressi fatti dai bambini sottoposti a impianto in età precoce. “Al giorno d’oggi, tutti agiscono in questo modo”, dice.

Prima si interviene, meglio è

Il primo anno è visto attualmente come un primo limite temporale fondamentale. Fino ad allora, i bambini con impianto imparano ad ascoltare e a parlare davvero bene, a condizione che non soffrano di un ritardo nello sviluppo. Ma anche quelli sottoposti a intervento entro il secondo anno di vita riescono spesso a frequentare la scuola con successo.

“Questi bambini passano attraverso tutte le fasi dell’apprendimento linguistico, proprio come quelli normo-udenti”, spiega la rinomata audiologa pediatrica Ulrike Rülicke, che ha grande esperienza nel lavoro sui pazienti IC. “Più tardi ottengono l’IC, maggiore sarà il ritardo nello sviluppo del parlato, rendendo poi la terapia più difficile. Cosa che potrebbe compromettere la possibilità di frequentare le scuole comuni”, spiega.

Se poi l’operazione avviene ancora più tardi, i risultati non saranno mai altrettanto positivi. “Solo la metà di coloro che hanno messo l’impianto tra i due e quattro anni riusciranno ad andare in una scuola convenzionale”, dice il professor Baumgartner. “Superati i quattro anni, è troppo tardi: questi bambini non arriveranno mai a un normale livello di udito e linguaggio, a prescindere da quanta terapia facciano”. I bambini più grandi riescono comunque a trarre vantaggio da un impianto qualora fossero già stati in grado di parlare e sentire prima di perdere l’udito.

La pratica rende perfetti

Dopo l’operazione è fondamentale la terapia. La durata dipende dai singoli bambini ma, solitamente, si parla di qualche anno. “Innanzitutto, tutti i processori vocali devono essere regolati per rispondere alle caratteristiche dei singoli individui”, sottolinea Rülicke. “Spesso è un aspetto che viene sottovalutato, ma è molto importante”. Trovare la regolazione giusta richiede tempo, pazienza e un confronto costante tra bambino, genitori, terapisti e tecnici fino a trovare le impostazioni ideali.

Abituarsi all’IC è di vitale importanza perché è così che l’utente impara ad ascoltare e parlare correttamente. Più che di un allenamento formale, si tratta di un supporto al bambino lungo il suo percorso di sviluppo generale e linguistico, fornito da logopedisti specializzati, educatori e audiologi pediatrici. Contemporaneamente, queste stesse figure (e più tardi, se possibile, anche infermieri e insegnanti) educano i genitori su come sostenere il proprio figlio in questo senso. Parlare al bambino è davvero importante. Rülicke afferma: “I bambini a cui è stato inserito l’impianto in età precoce, ma che a casa non parlano con nessuno progrediscono allo stesso ritmo di quelli operati più tardi”. Le eccessive attenzioni e il fatto di essere poco stimolati non aiutano. “Vedo sempre più bambini non udenti sotto-stimolati piuttosto che sovraccaricati. Ma loro hanno bisogno di ambienti ricchi di dialoghi, di un accompagnamento appropriato e supporto specifico”.

Il professor Baumgartner concorda nel dire che se i bambini vengono sostenuti nella maniera giusta, a scuola possono ottenere voti anche migliori rispetto ai loro compagni normo-udenti.

I primi bambini ad aver ricevuto un IC nel primo anno di vita stanno ora diventando adolescenti. Molti di loro hanno già superato egregiamente il primo gradino della loro scalata verso il lavoro: frequentare la scuola. Per questi bambini, il mondo dell’ascolto ha già spalancato le sue porte.

Lavorare insieme per il successo

Gli effetti positivi degli interventi per l’impianto cocleare dipendono da diversi fattori:

  • diagnosi precoce tramite test dell’udito immediatamente dopo la nascita e durante i mesi seguenti
  • impianto bilaterale effettuato il più presto possibile, idealmente tra i 6 mesi e il primo anno di vita al massimo
  • collaborazione costante e sensibile di tutte le figure coinvolte prima e dopo l’operazione: otorinolaringoiatri, pediatri, logopedisti, audiologi, tecnici, psicologi, fino ad arrivare ai genitori, al bambino, agli infermieri e agli insegnanti
  • supporto terapeutico continuo negli anni, volto al potenziale specifico del bambino
  • partecipazione attiva di tutta la famiglia nelle fasi di apprendimento del bambino
  • buona collaborazione tra educatori, infermieri e insegnanti
  • L’operazione

L’intervento si effettua sotto anestesia generale e dura da 2,5 a 3 ore per l’inserimento di due impianti.

Secondo il professor Wolf-Dieter Baumgartner del Dipartimento di Otorinolaringoiatria della Medical University di Vienna, si tratta dell’intervento chirurgico più sicuro per l’area orecchio-naso-gola ed è ampiamente tollerato dai neonati. Poche settimane a seguito dell’operazione, una volta guarite le ferite, il dispositivo viene attivato. Durante i mesi e gli anni seguenti, vengono fatti degli aggiustamenti a intervalli regolari. MED-EL offre una garanzia di 10 anni per i suoi dispositivi, che hanno una vita media di 25 anni.

Il professor Baumgartner è entusiasta delle innovazioni nella tecnologia degli IC degli ultimi 10 anni.

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