Qual è il momento migliore per un impianto uditivo?

Dati chiave, dall'età al momento dell'impianto alla durata della sordità
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Sebbene la decisione di portare un impianto cocleare non debba mai essere presa di fretta, rimandare troppo a lungo potrebbe condizionarne il risultato. Ma cosa si intende per “troppo a lungo”? Anche in questo caso vale il detto “meglio tardi che mai”?

Una buona preparazione è sempre importante

Qualsiasi passaggio che costituisca un cambio di vita, che sia formare una famiglia, trasferirsi o adottare una procedura medica, dovrebbe essere intrapreso solo dopo un’attenta ricerca e considerazione. Tuttavia, con gli impianti cocleari (IC) è importante evitare inutili ritardi, poiché la tempistica e la durata della sordità possono avere un notevole impatto sui risultati. E questo vale sia per i bambini che per gli adulti.

Ascoltare è fondamentale per tutti gli aspetti della nostra vita, specialmente per l’apprendimento. L’udito può essere ripristinato con successo, e ciò avviene più facilmente se il periodo della perdita uditiva è il minore possibile.

Prima si interviene, meglio è

Per i bambini molto piccoli, l’età al momento dell’impianto è davvero importante. Il pensiero comune tra i ricercatori e gli esperti dell’udito è che gli IC diano esiti migliori quando vengono impiantati prima dei tre anni di età circa. Jennifer Robinson, audiologa e senior product manager di MED-EL, Austria, spiega: “Durante i primi anni di vita, il cervello è nella sua fase più adattabile ed è pronto a ricevere e interpretare il suono. Ma, se le vie uditive, ovvero le parti di cervello normalmente adibite all’ascolto, non vengono stimolate nei primi tre o quattro anni di vita, il cervello decide di riassegnare tale compito ad altri sensi, come la vista. Questo limita l’abilità nel sentire e quindi ritarda la parola e lo sviluppo del linguaggio”.

Questo perché i bambini imparano a parlare imitando quello che sentono. Il processo ha inizio a quattro mesi, quando i neonati entrano nella fase della lallazione, e pertanto ogni ritardo nell’ascolto può influire sulla parola. Naturalmente questo ha delle conseguenze anche sullo sviluppo del linguaggio, ovvero l’abilità di utilizzare le parole per comunicare. Le ricerche più recenti suggeriscono che, per ottenere risultati migliori nello sviluppo del linguaggio, l’impianto dovrebbe essere eseguito entro il primo anno di vita. Secondo una ricerca del 2016 pubblicata sulla rivista medica Otology and Neurotology, “I bambini che ricevono un IC prima dei 12 mesi spesso raggiungono i loro coetanei in fase di sviluppo, mentre quelli che ricevono gli IC in seguito non ci riescono.”

Un IC può mitigare l’effetto domino

A loro volta, la parola e il linguaggio ritardato influiscono sulla lettura. Secondo la Federazione Mondiale dei Sordi, il raggiungimento dell’alfabetizzazione da parte dei bambini sordi è di molto inferiore alla media dell’intera popolazione. E poiché leggere è la base per poter studiare, ciò determina una barriera nel percorso accademico.

Tuttavia, ricerche dimostrano che gli IC possono aiutare a compensare questo squilibrio. Secondo una revisione sistematica dell’Istituto Nazionale per la Ricerca Sanitaria inglese, i bambini sordi con IC, specialmente quelli a cui è stato impiantato presto, sono risultati sostanzialmente superiori ai bambini sordi sprovvisti di impianto in ambiti quali la sensibilità al suono, la percezione del parlato, il dialogo, la qualità di vita e il rendimento scolastico. Inoltre, prima i bambini ricevono l’impianto, maggiore è la possibilità che riescano a frequentare la scuola tradizionale. Secondo uno studio statunitense del 2013 sui bambini impiantati dopo i sei anni d’età, l’81% di quelli impiantati prima dei 18 anni frequentava scuole tradizionali a tempo pieno, a differenza del 63% dei bambini che hanno ricevuto l’impianto a 36 mesi o più.

Ciononostante, la decisione di mettere un impianto a un bambino non è sempre immediata come potrebbe sembrare inizialmente. Mentre dalle ricerche appare come una scelta relativamente semplice nel caso di un genitore udente di un bambino completamente sordo, non è altrettanto facile se il bambino ha un udito naturale residuo oppure se il linguaggio dei segni e la lettura del labiale lo rendono già felice.

© Andy Potts

I bambini più grandi e il mondo dell’ascolto

Quindi, una volta passati questi anni chiave, vale la pena che un bambino più grande abbia un impianto? “Assolutamente” secondo Jennifer Robinson. “I bambini più grandi, solitamente, devono lavorare di più con la logopedia rispetto a quelli più piccoli e, tuttavia, potrebbero non raggiungere mai lo stesso livello di linguaggio dei bambini normoudenti della stessa età, ma ci sono comunque dei vantaggi.”

Il primo è che avere un IC apre un nuovo canale di comunicazione: “Avere l’abilità di ascoltare aumenta i contatti sociali, facilita l’apprendimento e amplia le prospettive e le scelte di vita dei bambini. Permette ai bambini sordi di entrare a far parte della società in modo più semplice, accedendo a tutte le opportunità che questa può offrire loro,” aggiunge.

Sebbene siano poche le ricerche dal punto di vista delle persone dotate di impianto, secondo un piccolo studio inglese sui teenager con impianto, portato avanti dalla Ear Foundation e dalla National Deaf Children’s Association, 27 ragazzi sui 29 intervistati affermano di indossare l’impianto tutto il giorno e di sentirsi parte di entrambi i mondi, quello sordo e quello udente. Nessuno di loro giudica i propri genitori per la loro decisione.

Senza limiti di età

È interessante notare che la durata della sordità è importante anche per gli adulti, anche tra coloro che erano in grado di sentire naturalmente in passato. Infatti, sembra essere di maggior importanza rispetto all’età: non esiste un limite massimo per l’impianto. La persona più anziana in Europa a ricevere un IC aveva 99 anni!
Lendra Friesen, Professoressa Assistente presso la Facoltà di Scienze della Parola, del Linguaggio e dell'Udito della University of Connecticut, USA, spiega: “Sappiamo che la parte acustica del cervello inizia ad atrofizzarsi se non stimolata, e maggiore è la durata della sordità, maggiore sarà il tempo necessario a imparare a riconoscere e a capire nuovamente il parlato dopo l’intervento.” Ciò è dimostrato dalla ricerca. Uno studio australiano del 2016, pubblicato su International Journal of Audiology, afferma che gli esiti sono migliori nelle persone che hanno perso l’udito da adulti e che sono state impiantate in breve tempo piuttosto che aver aspettato, lasciando progredire la sordità.

© Andy Potts

Meglio tardi che mai

Quindi vale la pena avere un impianto anche dopo 10, 20 o 30 anni di sordità? Sfortunatamente, non esiste una guida precisa che indichi come determinati periodi di sordità possano influire sul successo di un impianto.

“Esistono diversi fattori che condizionano i risultati di un impianto, e la durata della sordità è solo uno di questi. Tuttavia è importante aggiungere che, anche se si è rimasti sordi per diverso tempo, portare un’audioprotesi e, quindi, mantenere in qualche modo la stimolazione delle vie uditive, aumenta le possibilità di successo,” sostiene la Professoressa Friesen.

I risultati possono essere anche massimizzati tramite la riabilitazione, un processo che può durare dai sei mesi a circa un anno negli adulti. “Capire il parlato a seguito dell’impianto non è automatico. Il cervello deve imparare a interpretare i suoni utilizzando l’impianto,” spiega la Professoressa Friesen. Ciò consiste in sedute regolari con un logopedista, ma implica anche tantissima pratica a casa.

Qualità della vita

È interessante notare che uno studio del 2014, pubblicato sulla rivista medica svedese Acta Oto-Laryngologica, su 81 adulti dotati di impianto da molti anni dopo aver perso l’udito, dimostra che anche coloro che sono rimasti sordi per un tempo pari a 30 anni hanno avuto dei benefici, migliorando la loro qualità di vita. Tuttavia, coloro che hanno perso l’udito prima dell’adolescenza hanno avuto più difficoltà nella comprensione del parlato.

Ma secondo la Professoressa Friesen ci sono questioni più ampie in gioco: “Una perdita uditiva trascurata può avere gravi ripercussioni sulla salute. Ci sono diverse ricerche che dimostrano una forte connessione tra perdite uditive legate all’età e depressione, rischio di cadute e anche demenza.”

La depressione è legata all’isolamento sociale che spesso sopraggiunge quando la comunicazione si fa difficile. Mentre i legami con le cadute e la demenza non sono ancora completamente chiari: la teoria è che lo sforzo nel cercare di ascoltare sposta le risorse del cervello da altri compiti, come l'equilibrio e le funzioni cognitive.

Come per ogni decisione importante, si tratta di ponderare vantaggi e svantaggi, e questi variano a seconda degli individui.

Jennifer Robinson suggerisce: “Fate le vostre ricerche. Trovate un gruppo di supporto e parlate a più persone dotate di IC possibili circa le loro esperienze. Poi considerate quanto la vostra perdita uditiva sta condizionando la vostra vita quotidiana. Per esempio, è sempre più difficile gestire le attività giornaliere? Come sta influenzando la vita sociale, il lavoro e le persone vicine? Alla fine, la decisione è davvero una scelta personale.

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