Quand’è che il rumore diventa nocivo?

Sul diritto di sentire ciò che si desidera
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Tutti sappiamo che il rumore può farci del male. Ma influisce anche sulla prosperità e lo sviluppo?

Il rumore è costituito da suoni indesiderati

È come una grande padella per friggere con un diametro di un metro, uno spessore di 20 centimetri e dei grandi manici. Tanto per divertimento, qualcuno ha saldato la padella a un treppiede e l’ha attaccata al parapetto di una grande nave.

Stiamo parlando di un dispositivo acustico a lungo raggio, il LRAD (Long Range Acoustic Device), comunemente chiamato cannone sonico. Spedizionieri, ma anche guardia costiera, marina e polizia utilizzano il LRAD come un’arma non letale contro pirati e terroristi. Il LRAD genera una serie di onde sonore acute nell’ordine di fino a 3100 Hertz, giungendo al bersaglio con un livello di pressione sonora di circa 150 decibel. Un jet in partenza ne genera di meno, “solo” 120 decibel, ovvero il livello a cui si inizia a superare la soglia del dolore per la maggior parte delle persone. L’esercito americano sfruttò cannoni sonici come questo a distanza di diverse centinaia di metri durante la seconda guerra in Iraq, per individuare le posizioni e i carri armati nemici, i cui equipaggi si ritrovavano investiti da un rumore assordante. Quasi giornalmente, le forze dell’ordine in tutto il mondo utilizzando il LRAD per disperdere le folle durante forme di manifestazione violenta. Così, quando le autorità ripristinano infine “pace e ordine” durante un “disordine”, ciò viene preso sempre di più alla lettera.

Rumoroso

L’etimologia della parola tedesca “Lärm” (rumore) lo dimostra in maniera meravigliosa. Deriva dall’italiano “all’arme”, che in origine significa “alle armi” e, come si può ben intendere, è anche l’espressione da cui deriva la parola “allarme”. Più di 80 anni fa, l’intellettuale Kurt Tucholsky definì così il rumore: “il suono degli altri.” È un pensiero intelligente. Perché ciò che percepiamo come troppo forte non è altro che una minima estensione di ciò che realmente è.

Oramai siamo ben addentro alla società della conoscenza, ma i rumori forti delle città industriali non hanno smesso di perseguitarci. Rumore e lavoro mentale vanno a braccetto, come gatto e topo. La soluzione è una maggior consapevolezza della pace e della tranquillità. Specialmente nelle città.

La chiave è se desideriamo sentirlo oppure se siamo obbligati a farlo. Un cannone sonico colpisce e ferisce sempre il bersaglio, eppure esistono persone che si espongono a 110 decibel durante un concerto pop e lo trovano piacevole. Al contrario, ai vicini ne basta una piccola frazione per chiamare la polizia. È chiaro che il rumore ci fa del male: per esempio si riscontrano sempre più attacchi di cuore e infarti dovuti al rumore degli aerei. E non è propaganda da parte degli ecologisti contrari alla tecnologia, ma una prova scientifica risultato di diversi studi. Oggi, i medici del lavoro riconoscono il livello di stress a 55 decibel. Ciò che supera tale soglia è troppo forte. Fisicamente, 55 decibel non sono molti. Ma è il “suono degli altri” a fare la differenza. E questo è un fattore psicologico e soggettivo. Le mere normative non possono niente in questo contesto. L’organizzazione mondiale della sanità (WHO) ha persino dichiarato che il rumore rappresenta il maggior rischio ambientale, secondo solo all’inquinamento dell'aria.

Cos’è il rumore?

Poiché tutti i suoni sono prodotti dalle vibrazioni, non esiste alcuna reale differenza tra suoni piacevoli e rumore.
Ciò che li distingue è il feedback di chi li percepisce. Il rumore può essere definito come un suono sgradevole che non si vuole sentire. Gli specialisti dell'udito usano il termine “la sensazione soggettiva evocata dal suono” per spiegare che la percezione sonora può essere considerata sia come rumore, sia come suono. Dipende dall’interpretazione dell’ascoltatore.

Molto rumore per nulla?

L’uomo ha il diritto di avere pace e tranquillità? Di sentire solo ciò che desidera? Questa domanda potrebbe sembrare piuttosto bizzarra, perché nell’ultimo secolo la nostra cultura si è concentrata molto di più sugli aspetti visivi, mettendo spesso da parte l’acustica. Fotografia, film, video, un fascino veloce, colorato e sgargiante: questo è stato il focus del XX secolo. Quando i The Bangles cantarono “Video killed the Radio Star” nel 1979, il danno era già stato fatto: l’ascolto era diventato secondario. Ma si prevede un profondo cambiamento nel XXI secolo. Uno dei motivi è il danno massiccio alla salute provocato dal rumore, specialmente nelle aree urbane, nelle maggiori città e megalopoli del mondo, le cui popolazioni stanno crescendo a decine di milioni. Lo stimato dottor Robert Koch predisse già 100 anni fa che il rumore avrebbe giocato lo stesso ruolo nel futuro di “peste e colera” in passato, e che l’umanità si sarebbe ritrovata a “combattere senza sosta”.

Una previsione sorprendentemente lungimirante. Koch pensava alla salute. Ma la questione riguarda anche la prosperità e il suo indispensabile fondamento, la conoscenza.

Nella sua sorprendente biografia “London”, l’autore inglese Peter Ackroyd intitola il primo capitolo “Il rumore della città” e, sfruttando Londra come esempio, descrive ciò che accadeva, e continua ad accadere, in ogni città, ovvero che “a qualsiasi ora, il suo rumore è una caratteristica cruciale”, “che, tra le altre cose, rende la città insalubre, così come innaturale, un ruggito di una creatura terrificante. Ma questo rumore è segno di vitalità e forza”. Ottima osservazione.

Le città ricche del Medioevo erano rumorose. Erano il fulcro delle attività, riempite dalle grida dei mercanti, dalle campane delle chiese e dal rumore degli zoccoli dei cavalli sulle strade. Tutto ciò si intensificò durante l’era industriale: martelli a vapore, macchine e motori riecheggiavano in ogni stanza. Tutt’oggi, nelle nostre città permane questo stesso spirito. Ma l’industria non è più il settore più importante nei paesi sviluppati dell’OCSE. La maggior parte delle persone si guadagna da vivere nel settore della conoscenza. E questo è un lavoro che richiede concentrazione. Lavoro della conoscenza e suoni degli altri. Due poli opposti, come fuoco e ghiaccio.

Non molti anni fa, la neuroscienziata americana Shelly Carson condusse un esperimento su alcuni studenti. Un gruppo era costituito da studenti molto talentuosi e creativi, i migliori del loro anno, mentre l’altro era del tutto mediocre. Entrambi i gruppi vennero condotti all’interno della stessa stanza e furono loro affidati dei problemi scritti da svolgere nei loro ambiti di specializzazione. Non appena il test ebbe inizio, degli altoparlanti nascosti cominciarono a emettere rumori. Mentre gli studenti mediocri ottennero risultati nella media, i migliori fallirono miseramente. Ergo, facendo rumore è più facile recare disturbo alle persone più intelligenti. Percepiscono in modo più amplificato. Ecco perché trovano più soluzioni alle domande aperte, hanno ampie conoscenze e riescono a trovare connessioni dove altri non vedono nulla.

Il potere del silenzio

Possiamo trarne direttamente le seguenti conclusioni: dove c’è troppo rumore, si fa più fatica a pensare. Il potere economico risiede nella pace e nella tranquillità. Al contrario, se si sferraglia e si fa fracasso, la società della conoscenza fatica a svilupparsi. Le città rumorose diverranno presto sinonimo di città povere. Dove non c’è conoscenza, non vi sarà prosperità. È molto semplice.

Dovremo imparare che le molestie acustiche non sono un reato banale e che le persone che si sentono disturbate dal “suono degli altri” non sono “borghesi”. Avremo bisogno di nuove città, diversa mobilità, infrastrutture innovative e architetture differenti per la coesistenza di vita e conoscenza. Il diritto di ascoltare ciò che si desidera diventerà un enorme progetto di investimento nel XXI secolo. Porterà pace e ordine alla società della conoscenza. Vedremo come suonerà bene.

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